Selvaggia, disumana. Ecco la megalopoli

Arte Mondadori - testo di Beba Marsano – febbraio 2004

Se la metropoli è una città grande, ma in sostanza sana, la megalopoli ne è la degenerazione, risultato di una urbanizzazione incontrollata e selvaggia, che mortifica senza speranza di riscatto sogni e bisogni dell’uomo. Questo concetto, enunciato nel 1913 dal sociologo e urbanista inglese Patrick Geddes, è alla base dell’ultimo ciclo di lavori di Alba Amoruso, battezzato appunto Megalopoli, in esposizione itinerante nelle sedi della Banca Popolare di Milano (fino al 19 febbraio 2004 a Firenze, piazza Santa Maria Maggiore 1; dal 22 marzo al 22 aprile a Bologna, via de’ Carbonesi 11). Si tratta di un ciclo costituito da 7 grandi totem di cui uno monumentale (misura cm 250x170), dove la città appare invasa da colonne di automobili e fumi di gas di scarico; le strade sono nastri d’asfalto che si avviluppano a lampioni ripiegati su se stessi; le periferie sono incubi dal volto industriale; il verticalismo delle architetture non è slancio ascensionale, bensì realtà schiacciante, incombente, minacciosa, che toglie spazio al cielo e assedia da ogni lato la figura umana, la quale non è niente di più che una sostituibile comparsa, un’ombra tremula e spaurita. Il prezzo di ogni opera, eseguita a tempera su stucco con una tecnica simile al frottage, è di 4.950 euro; la realizzazione più impegnativa raggiunge la cifra di 10mila euro.

Beba Marsano

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