L’ARTE DI ALBA AMORUSO

di Raffaele Gorgoni

Dal servizio del Settimanale del TGR-Puglia del 10/11/2012, sulla Mostra antologica:
“La pittura di Alba Amoruso tra post-modernità e nuova figurazione italiana”.
Palazzo della Provincia di Bari, 29 sett. 10 ott. 2012

Una lunga pratica da saggia e colta autodidatta rende il lavoro di Alba Amoruso libero da vincoli e tributi. Non c’è nulla da rendere a nessuno perché l’urgenza è un’altra, praticata con pacatezza, come amava, all’aria aperta nel verde, quasi a compensazione dell’acido spessore richiamato nei suoi quadri.
Alba Amoruso, scomparsa giovanissima, approda nell’ultima fase della sua pittura a una riflessione sulla città, culla del conflitto e delle inimicizie, agglomerato tossico, e non solo per inquinamento, ma perché ogni traccia di coesione sociale si è dissolta. D’obbligo la rammemorazione di tratti futuristi per un verso e la citazione di una pratica di Action Painting per l’altro, ma quest’ultima sotto severo controllo e intento lucidamente sorvegliato. In questa mostra che si è voluta antologica, emerge una sorta di backstage dell’ultima Alba Amoruso. Qualche figura, piccoli tratti di natura, ma in nuce c’è già tutta l’evoluzione verso una radicalità critica dei processi di modernizzazione. I segnali d’allarme sono già presenti sin dalle prime opere, ed è sostanzialmente questo il senso del percorso che ci consente di cogliere nelle prime tele i segni già maturi di un tragitto che la pittrice intuiva di dover portare a termine molto rapidamente.
Velature e sovrapposizioni di colore lungo un tragitto dall’olio agli acrilici e alle tempere. Le forme urbane spaziano tra architetture magniloquenti e grattacieli, e monumentalità che ricordano scenari tra Gotham City e Metropolis. Fiumi di automobili come cascate di lamiere e colate d’acciaio.
Per Alba Amoruso dipingere è anche stilare un grande reportage dal moderno, dalla sua curvatura che assume la dimensione della megalopoli dall’estremo oriente all’estremo occidente.
Prima di lasciarci Alba ha raccontato di sè e del suo lavoro: “la tematica sulla città nasce da cambiamenti di vita personali. Mi trasferisco in quest’oasi di pace, lascio la città e comincio a riflettere sulla città. Nei miei quadri non si contempla il cielo, ma sono masse solidificate, masse livide e combuste, appunto risultato di una natura ormai contaminata”.
E quando lo sguardo si fa più acuto, Alba ispeziona appunto l’estremo, il punto di rottura oltre il quale per la forma umana non vi è più spazio, neppure un residuale interstizio. “ è come se si aprisse il diario della quotidianità dell’uomo, dell’uomo di cui in realtà non si contempla presenza fisica; in quasi nessun mio dipinto è presente, però tutto parla dell’uomo: i contenitori, le strutture urbane che lui abita, le macchine”. Togliere, strappare per abrasione di spugna e di spatola il colore dalla tela, sbiadire, dilavare,sfumare i rossi, gli ocra, i gialli, le terre, fino a trasformarli in lampi di luce. Per una volta, e capita piuttosto di rado, incontriamo con Alba un’artista che concede poco o nulla all’ironia e alla giocosità delle quali abbonda il contemporaneo. Lo sguardo resta fisso a una sorta di terribile classicità che ricorda il Piranesi de le prigioni, e da queste Alba è fuggita con un sorriso.

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